domenica 28 novembre 2010

LE QUERCE NON FANNO LIMONI di Cosimo Calamini


Cosimo Calamini.
Le querce non fanno limoni.
pag294
Prezzo di copertina € 17,60
Editrice Garzanti Milano
Anno 2010

Montechiasso è un borgo arroccato sulle colline, nel cuore della Toscana: nelle giornate di cielo nitido, da lassù, si può abbracciare con un solo sguardo tutta la regione. Lì vive la famiglia Malquori: Attilio, comunista disilluso ed ex voce del gruppo rock I Timidi; la moglie Anita, una cinquantenne in crisi d'identità, e la figlia Sara, ragazza inquieta, al suo primo anno d'università. Ma a Montechiasso è presente anche una radicata comunità islamica di cui fanno parte l'imam Khaled e il figlio Averroè, segretamente legato a Sara. Un giorno d'autunno arriva una notizia bomba: nel paese verrà costruita una grande moschea, un'astronave aliena edificata tra le vigne e i campanili. ....



DAL ROMANZO:
Alla fine Attilio non se n'era curato più di tanto, di quella notizia letta sul giornale. Una moschea a Montechiasso! Troppo ridicolo per essere vero.
«Sarà una cosa per fare un po' di scena prima delle elezioni.»
«Il Donati ne inventa sempre una.» Col Cresti si era fatto due grasse risate, di quelle tutte di pancia, che fanno bene alla salute.
«T'immagini il muezzin che ci sveglia la mattina: una gara col gallo del Casini.»
«Per me vince il gallo del Casini», aveva rincarato il Cresti, mentre tosava la chioma di Attilio. E giù risate.

domenica 14 novembre 2010

LETTERATURA GIAPPONESE HAIKU.TANKA,NAGA-UTA


L'HAIKU è un breve componimento poetico di soli tre versi diffusosi in Giappone dal XVI secolo in poi. La sua struttura è molto semplice: è formato da diciassette sillabe, suddivise nella catena 5-7-5; richiede dunque una grande sintesi di pensiero e d' immagine. L'abilità dell' haijin (il poeta) sta dunque nell'esprimere le emozioni in pochi versi.

Sotto la sferza
della pioggia d'aprile
geme il ciliegio.


L'haiku deriva dal Tanka, componimento poetico di 31 sillabe che risale già al IV secolo. Il Tanka è formato da 5 versi con una quantità precisa di sillabe per ogni verso: 5-7-5-7-7. Eliminando gli ultimi due versi si è formato l'Haiku.

Sgorga e zampilla,
muta, verde fontana,
l'edera annosa
dalla crepe annerite
d'un muro sbrecciato.


Infine il NAGA-HUTA, formato da 7 versi, 5-7-5-7-5-7- .
È la composizione che viene poi musicata, dando orgine a brani suonati poi su strumenti vari, soprattutto dello SHAMISEN, diventato poi uno degli strumenti più rappresentativi della musica tradizionale giapponese.
La lunga leggenda dell'ulivo, che non volle diventare legno per la croce di Gesù, si potrebbe riassumere in un Naga-uta, salvo restando che sarebbe impossibile per la cultura giapponese tradurlo in musica..


Seppe l'ulivo
quel che tramava l'uomo:
tentò la fuga
si svelse, si contorse,
spaccò il suo tronco
si torturò fin quando
fu inabile alla croce.

martedì 9 novembre 2010

PIETRA DI PAZIENZA di Atiq Rahimi



ATIG RAHIMI
PIETRA DI PAZIENZA
Traduttore: YASMINA MELAOUAH
GIULIO EINAUDI EDITORE
ANNO 2009
ISBN 9788806197094


Una donna veglia un uomo disteso in un letto. L’uomo è privo di conoscenza, ha una pallottola in testa, gli ha sparato qualcuno per un futile motivo. In un paese che assomiglia all’Afghanistan, in un tempo che potrebbe anche essere oggi.
La donna parla senza interruzione, come non ha mai fatto prima. Racconta al marito, finalmente presente e muto, molte storie che fanno la loro storia e quella del loro paese. Prima sussurra, poi grida, si adira, ha paura. Piange. Esce per poi ritornare. E ancora sussurra, piano, dolcemente.
Si prende cura dell’uomo e insieme lo rimprovera. Lo rimprovera di aver voluto essere un eroe, di aver preferito le armi e la guerra a sua moglie e alle figlie. Di non avere mai parole per lei.
INCIPIT

La camera è piccola. Rettangolare. È soffocante nonostante le pareti chiare, color ciano, e le due tende con motivi di uccelli migratori colti mentre spiccano il volo su un cielo giallo e azzurro.
Bucate qua e là, lasciano penetrare i raggi del sole che finiscono sulle righe scolorite di un kilim.
In fondo alla camera c’è un’altra tenda. Verde. Senza alcuna decorazione. Nasconde una porta sbarrata. O un ripostiglio.
La camera è vuota. Vuota di ogni ornamento. Tranne sulla parete che separa le due finestre, dove è stato appeso un piccolo khanjar, e sopra il khanjar una foto di un uomo con i baffi. Ha una trentina d’anni. Capelli ricci. Viso squadrato, incorniciato da due base tagliate con cura. I suoi occhi neri brillano. Sono separati da un naso a becco. L’uomo non ride, e tuttavia pare trattenere il riso. Ciò gli dà un aspetto strano come di un uomo che dentro di sé si fa beffe di colui che lo guarda. La foto è in bianco e nero, colorata artigianalmente con tonalità spente.

mercoledì 3 novembre 2010

IL CUSTODE DEL FARO di JANETTE WINTERSON


TITOLO: IL CUSTODE DEL FARO
AUTORE: JEANETTE WINTERSON
TRADUTTORE: CHIARA SPALLINO ROCCA
EDITORE: MONDADORI
PAGINE: 239
ISBN: 8804536748
DATA PUBBLICAZIONE: 2005


LA TRAMA DEL LIBRO:
Rimasta orfana, la piccola Silver viene adottata da Pew, un gentile e misterioso personaggio che vive nel faro di Cape Wrath. Nell'occuparsi teneramente di lei, Pew le racconta antiche storie incentrate sul desiderio, sullo sradicamento, sui legami e sulle assenze che segnano la nostra vita. Le racconta in particolare la storia di Babel Dark, un reverendo locale dell'Ottocento che ha vissuto due vite, una pubblica avvolta nell'oscurità e una privata immersa nella luce. Le storie di Pew si aprono sotto gli occhi di Silver come una mappa da seguire per penetrare nella propria oscurità. Piccola Ulisse dei nostri giorni, Silver comincia così un viaggio dentro le storie che ci raccontiamo, storie d'amore e privazione, di passione e desiderio.


UN BRANO DEL LIBRO:

TU sei la porta scavata nella roccia che si spalanca quando la luna si illumina.Tu sei la porta in cima alle scale che ci appare solo nei sogni.Tu sei la porta che finalmente libera il prigioniero.Tu sei la porta sul ciglio del mondo.Tu sei la porta he si apre su in un mare di stelle.Aprimi. Spalancami. Socchiudimi. Attraversami e qualsiasi cosa ci sia al di là, potrà solo essere raggiunta così. Da te. Ora. In questo attimo isolato nel tempo che racchiude tutta una vita.

martedì 2 novembre 2010

LA PASSIONE DI ARTEMISIA - Susan Vreeland



LA PASSIONE DI ARTEMISIA
SUSAN VREELAND
EDITRICE Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Pagine 320
Anno 2002
ISBN 88-7305-887-6
Traduzione di Francesca Diano
LA TRAMA IN SINTESI
"Quattordici maggio 1612". Nella sala di Tor di Nona, il tribunale papale, il notaio, un ometto avvolto di rosso porpora scuro, borbotta scrivendo con la sua penna d'oca. Due mesi, e per la prima volta non ha dipinta sulla faccia un'espressione annoiata, poiché oggi è l'atteso giorno del giudizio. Tra poco, l'Illustrissimo Signore Hieronimo Felicio, luogotenente di Roma e inquisitore di Sua Santità, farà il suo ingresso nella sala, si sistemerà sul suo alto scranne, si accomoderà la veste scarlatta in modo da sembrare più imponente e interrogherà la donna, la giovane artista per la quale mezza Roma è accorsa nelle sinistre aule dell'Inquisizione, mentre l'"assistente di tortura" le stringerà le ruvide corde della sibilla attorno alle dita.
Tra poco si saprà se corrispondono al vero le parole della denunzia che il padre della giovane ha sporto presso il papa Paolo V, parole che sono risuonate a lungo in ogni angolo della Città eterna e rimbombano ora nella mente di ognuno nell'umida e scura sala di Tor di Nona: "Agostino Tassi ha deflorato mia figlia Artemisia e l'ha forzata a ripetuti atti carnali, dannosi anche per me, Orazio Gentileschi, pittore e cittadino di Roma, povero querelante, tanto che non mi è stato possibile ricavare il giusto guadagno dal suo talento di pittrice".
UNA PAGINA
Presi con me alcuni disegni, per mostrargli qualche esempio del mio lavoro. Cesare Gentile mi salutò nuovamente spalancando le braccia, lasciando intravedere i ricami della sua vestaglia. «Perdonatemi se vi ho convocato così presto. E solo la dimostrazione del mio entusiasmo».«Vi ho portato dei disegni recenti, perché possiate vederli in anteprima».«Sarò onorato di vederli, poiché il vostro talento mi è già noto». Li esaminò con grande interesse, annuendo e mormorando in segno di approvazione, dopo di che mi condusse in giardino. Passeggiammo lungo il sentiero sabbioso, fiancheggiato da una siepe fiorita. «Come vi ho già detto, per prima cosa desidero che dipingiate una figura femminile. Una donna dipinta da una donna, perché in tal modo potrete immergervi profondamente dentro di lei. Potreste conoscere segreti che noi uomini, voi capite, non conosciamo. In secondo luogo, deve essere bella, ma non troppo bella — per non suscitare l’invidia delle mie deliziose fìgliole. Sufficientemente bella tuttavia, perché possano vedere la donna — e dunque se stesse — come un’opera d’arte. Preziosa». Carezzò l’aria con le mani, come a tracciare delle curve sensuali. «E poi, come sapete, dev’essere un nudo». Spalancò le braccia. «Mostrateci la Donna in tutta la sua gloria».

domenica 24 ottobre 2010

I FIORI DEL MALE di Rani Manicka

Titolo: I FIORI DEL TEMPIO
Autore: RANI MANICKA
Traduttori: Colombo A., Frezza Pavese P.
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione: 2006
Collana: Omnibus
ISBN: 88-04-56053-3
Pagine: 391

TRAMA
Bellissime e innocenti, uguali come due gocce d'acqua, le giovani sorelle Nutan e Zeenat vivono indisturbate sull'isola di Bali immerse in una natura rigogliosa, nell'incanto di colori e profumi esotici. La vita scorre tranquilla sotto la protezione dell'adorata nonna Nenek, che tutti al villaggio considerano una strega perché parla con gli spiriti e cura con gli incantesimi; finché all'improvviso, dopo la morte della madre, le due ragazze sono costrette a trasferirsi a Londra....
UNA PAGINA:
L'alba faceva capolino dalle colline quando aprii le minuscole porte di legno dell'antico altarino di casa. Nelle nicchie deposi cestini di foglie di cocco pieni di frutta, fiori e dolciumi.Su alberi e cespugli tutto era immobile e silenzioso.accesi i bastoncini d'incenso, chiusi gli occhi nell'aria fresca e fragrante e unii le palme delle mani, e il mondo scomparve. Sarei potuta restare così per un'ora intera, se non fosse stato per un inaspettato scoppio di risa infantili al di là del giardino. Nell'eco di quel suono, per un istante, colsi il suo bagliore.Mi destai di colpo!Non era lei. Certo che no.Paralizzata, fissai le mie mani serrate, le nocche bianche. Non poteva essere lei.. eppure mi slanciai di corsa sulla terra indurita per arrampicarmi sul muro. I miei piedi trovarono in fretta le familiari fessure tra i sassi e giunta in cima , le vidi:due bambine sui quattro o cinque anni, splendide nei loro costumi da ballo, con grandi copricapo di foglia d'oro finemente lavorata che muovendosi rifletttevano la luce del mattino. Nel passare davanti al nostro cancello le bimbe calpestarono coi piedi nudi i gusci che gli scoiattoli avevano scartato durante la notte. Poi, svoltato l'angolo, scomparvero.

giovedì 7 ottobre 2010



Titolo: LA CITTÀ DELLE ROSE
Autore: DALIA SOFER
Traduttore: CATERINA LENZI
Editore: PIEMME
Data di Pubblicazione: 2008
ISBN-13: 9788838486906
Pagine: 318

LA TRAMA:
Quattro persone che, nell’Iran dopo la deposizione dello Scià, vivono qualcosa di immaginabile fino a qualche tempo prima:
Isaac, ebreo, accusato di essere una spia, incarcerato, torturato, che cerca di restare lucido e fiducioso pensando al passato e augurandosi un futuro.
Farnaz, la moglie, incapace di reagire, ma paziente nell’attesa, anche quando scopre che la domestica che riteneva affezionata e fedele, le si rivolta contro adottando la nuova logica dell’ingiustizia sociale, sobillata dal figlio, fanatico assertore del nuovo regime..
Shirin, ancora troppo piccola, ma capace di un gesto tanto ingenuo, quanto rischioso, volto a salvare altre persone.
Ed infine Parviz, il figlio maggiore, mandato a studiare in America, dove conosce l’amarezza del profugo e dell’esule. Una famiglia distrutta, come troppo spesso accade, dalla follia della guerra.
COMMENTO:
Un libro molto crudo, che parla ancora una volta degli orrori della guerra, della crudeltà di capi che usano la religione oltre che assurde motivazioni per sfogare il loro odio, e giustificare quanto di più orribile può perpetarare un essere umano contro il suo simile, divenuto, improvvisamente, per un capriccio del destino “il nemico”!

lunedì 4 ottobre 2010

Tracy Chevalier - La dama e l'unicorno

Titolo LA DAMA E L'UNICORNO
AUTORE:Tracy Chevalier
Traduzione di Massimo Ortelio
ISBN 88-7305-936-3
Pagine 288
Editrice Neri Pozza
Collana I NARRATORI DELLE TAVOLE


L'AUTORE
Tracy Chevalier è nata a Washington.
Nel 1984 si è trasferita in Inghilterra, dove ha lavorato a lungo come editor.
Con La ragazza con l'orecchino di perla (Neri Pozza, 2000) ha ottenuto, nei numerosi paesi in cui il libro è apparso, un grandissimo successo di pubblico e di critica.
Bestsellers internazionali sono stati anche i suoi romanzi successivi:
Quando cadono gli angeli (Neri Pozza, 2002)
La dama e l'unicorno (Neri Pozza, 2003).
La Vergine azzurra è il suo primo romanzo

Una pagina del libro

Pare un’accetta la mascella di Jean Le Viste, i suoi occhi sono lame di coltello. Guizzavano qua e là nella stanza. Alla fine si sono posati sulla finestra alle mie spalle.
«Intendo discutere di un lavoro con voi, Nicolas des Innocents», ha detto, rimboccandosi le maniche della veste ornata di pelliccia di coniglio e tinta del rosso cupo tipico degli avvocati. «Per questa stanza».
Mi sono guardato intorno, senza far trapelare alcuna impressione. Conviene sempre quando si è davanti a Jean Le Viste.
«Cosa avete in mente, Monseigneur?»
«Arazzi»
.Non mi era sfuggito l’uso del plurale. «Forse una coppia di stemmi con le vostre insegne, da appendere ai due lati della porta?»
Jean Le Viste ha fatto una smorfia e io mi sono pentito di aver parlato.
«Voglio coprire di arazzi queste pareti».
«Tutte?»
«Sì».
Ho rifatto il giro della sala con lo sguardo questa volta con più attenzione. La Grande Salle era lunga non meno di dieci passi e larga cinque. I muri fatti della pietra di qui, grigia e ruvida, erano molto spessi. Su una delle pareti lunghe si aprivano tre finestre, mentre quella in fondo era occupata per metà dal camino. Per tessere gli arazzi necessari a rivestire la stanza un artigiano avrebbe impiegato parecchi anni.
«Quale soggetto desiderate, Monseigneur?»
Avevo già disegnato un arazzo per Jean Le Viste, uno stemma, ovviamente. Non era stato difficile ingrandire lo stemma dandogli le dimensioni di un arazzo e disegnando un po’ di vegetazione come sfondo.